Domenica ci siamo persi.
Avevamo organizzato una gita fuori porta per visitare un piccolo paesino nei dintorni di Utrecht. Non avevamo grandi piani o un percorso ben tracciato, anzi.
Il programma consisteva nel prendere un autobus che ci avrebbe portati in a pochi passi dal centro di Wijk bij Duurstede, e da lì poi camminare a piedi per andare alla scoperta della cittadina, senza limiti o percorso tracciato.
Però, dal non avere un percorso definito ad andare nella direzione opposta a quella designata il passo è breve.
Infatti, scesi dal bus, per un piccolo errore di interpretazione del navigatore, invece di proseguire per il centro, ci siamo trovati tra frutteti, agriturismi e meravigliose casette immerse nel verde.

Ce ne siamo accorti abbastanza presto, dopo aver vagato per una mezz’oretta, perché in realtà saremmo dovuti arrivare al mulino - ovvero nel cuore della cittadina - in una decina di minuti, e invece del mulino non c’era la minima traccia.
Vi lascio immaginare la scena quando, ad un certo punto, abbiamo controllato Google Maps e abbiamo capito di trovarci da tutt’altra parte.
Qualche minuto di lamentele, qualche altro di malumore e ci siamo rimessi in carreggiata. Questa volta nella giusta direzione.
È vero che abbiamo allungato di molto la strada, ma quello che abbiamo trovato mentre camminavamo valeva più di ognuno dei minuti persi.

La nostra reazione agli imprevisti è determinante.
In questo caso, come in tantissime altre occasioni nel nostro cammino, è tutta questione di attitudine.
Come reagiamo di fronte all’inaspettato ci condiziona più di quanto possiamo immaginare.
Ho pensato subito al concetto di mindset di crescita, introdotto dalla psicologa Carol Dweck, secondo cui le convinzioni che le persone hanno riguardo alle proprie capacità influenzano in modo significativo il modo in cui affrontano la vita.
‘The view you adopt for yourself profoundly affects the way you live your life’.
In un suo popolare intervento al TED, The Power of Believing You Can Improve, mostra gli effetti di due approcci, il mindset fisso e il mindset di crescita, sui risultati di diversi gruppi di bambini e studenti.
Chi adotta un mindset fisso tende a credere che abilità, intelligenza e talento siano caratteristiche innate, immutabili. In questa visione, lo sforzo viene spesso percepito come un segnale di insufficienza, e gli errori come prove di inadeguatezza. Di conseguenza, le persone evitano le sfide, temono il fallimento e cercano costantemente conferme esterne.
Al contrario, il mindset di crescita si fonda sull’idea che le capacità possano essere sviluppate nel tempo, attraverso l’impegno, la costanza e l’apprendimento. Non si tratta di negare i limiti, ma di non considerarli definitivi. Un errore, in quest’ottica, non è una sconfitta ma un passaggio utile nel processo di miglioramento. Un “non ci riesco” diventa “non ci sono ancora riuscito”.
Questa prospettiva non si basa solo su un atteggiamento ottimistico, ma trova conferme nella ricerca neuroscientifica, in particolare nella teoria della neuroplasticità, secondo cui il cervello umano è in grado di modificarsi e adattarsi attraverso nuove esperienze. Le connessioni neurali si rafforzano o si indeboliscono in base a ciò che si apprende, suggerendo che l'intelligenza e le competenze non sono statiche, ma evolutive.
Adottare un mindset di crescita significa accogliere le sfide come opportunità, interpretare il feedback come strumento costruttivo, e considerare la fatica come parte integrante del processo.
Quando siamo in difficoltà, quando abbiamo deviato dalla rotta madre, quando ci sentiamo bloccati, proviamo a cambiare prospettiva e invece di chiederci “ne sono capace?” possiamo domandarci “cosa posso imparare da questa esperienza?”.
È uno spostamento sottile ma potente, che trasforma anche le deviazioni più frustranti in occasioni di scoperta. Perché, alla fine, non è tanto ciò che sappiamo oggi che conta, ma la disponibilità ad allargare un po’ alla volta i nostri confini. Anche – o forse soprattutto – quando ci perdiamo.